SIMBOLICO IMMAGINARIO E REALE IN LACAN
- Posted by Eva Orlando
- On 14 luglio 2023
SIMBOLICO IMMAGINARIO E REALE
È la triade usata da Lacan per accedere all’esperienza freudiana. È la sua chiave di accesso per affacciarsi all’esperienza psichica, quella dei tre registri, che nella teoria così come nella clinica non vanno mai separati, ma anzi Lacan ci dimostrerà – nel corso del suo insegnamento – che vanno annodati. Non è facile rispondere o introdurre questa triade, come del resto non ci sono risposte semplici per chi si incammina nell’esperienza analitica.
Eppure vogliamo chiarire dei punti di repere, delle coordinate che vi possono essere utili durante i seminari e come formazione per la vostra clinica. L’immaginario, il simbolico e il reale sono i tre registri della psicoanalisi lacaniana, sono delle tappe del progetto di Lacan di decifrare l’inconscio freudiano.
INTRODUZIONE
Il primo – che mi piace sempre ricordare ad apertura dei nostri corsi – è legato al significante “comprendere” e alla nota fama della difficoltà degli scritti o dei seminari di Lacan. E allora, Lacan ci consola perché proprio nell’Ouverture degli Scritti afferma: “Vogliamo, col percorso di cui questi scritti sono le direttrici e con lo stile preordinato dal suo indirizzo, condurre il lettore ad una conseguenza ove egli debba mettere del suo” (Lacan, Scritti, 1966 pag.6).
Ecco: metterci del suo. È questo l’enunciato che mi piacerebbe trasmettere oggi. Per voi che iniziate un nuovo percorso di formazione, non certo come tutti gli altri. È quello che fa l’analizzante con il suo analista ed è quello che si prova di fronte alle sfide della clinica. Per restare in tema di comprensione Lacan nel Seminario III Le Psicosi ci avvisa: se comprendete non comprendete. Quando si pensa di comprendere l’altro, quando possiamo dire che abbiamo capito quello che ci sta dicendo il nostro paziente non siamo nel campo della psicoanalisi lacaniana. E qui mi collego ad una grande questione. La psicoanalisi non è una psicoterapia come tutte le altre. Eppure tutte si instaurano a partire dal monito di talkingcure freudiano. Ma qualcuna accentua il comportamento, altre la respirazione, altre ancora le strutture familiari. Lacan con la sua clinica – di ritorno a Freud – valorizza soltanto il soggetto, il soggetto dell’inconscio con il suo insondabile desiderio, e per fare questo orienta il linguaggio nel campo della parola e nella sua funzione nella psicoanalisi.
Per Freud l’obiettivo di una psicoanalisi può essere riassunto nella sua formula “Wo Es war, soll Ich werden”, che significa, secondo la lettura fattane da Lacan, anzitutto distinguere il soggetto dell’inconscio — che può emergere solo grazie all’analisi — e l’Io della coscienza, che è costituito da una serie di identificazioni alienanti, ricevute dall’Altro o comunque ispirate ad esso. Lacan traduce in questi termini la definizione di Freud: il compito dell’analisi è quella di far venire alla luce l’Io del soggetto (dell’inconscio) là dove era il luogo dell’essere. Perché questo sia possibile, però, è necessario che l’analista per primo abbia attraversato lo stesso percorso, sino a soggettivare il proprio essere o la propria mancanza.
Un altro punto di differenza con le altre terapie è che l’analista lacaniano è sempre fuori protocollo. Non c’è un protocollo a cui attenersi, e nessuno potrà dire ho agito in questo modo con il mio analizzante perché me l’ha detto il protocollo, o perché lo indica il protocollo. La psicoanalisi è una pratica fuori protocollo perché nella sua dimensione di alterità si rivolge alla particolarità del sintomo. E lo fa tenendo conto di una sola posizione che è quella etica. Solo nella dimensione analitica si possono cogliere le coordinate di senso o forse fuori-senso del sintomo di ciascuno che nella sua soggettività non potrà mai essere equivalente al sintomo di un altro. Lacan nel corso del suo insegnamento ci darà molte definizioni di inconscio. Ne estrapolo due, entrambe le troviamo in “Funzione e campo della parola e del linguaggio”:
– L’inconscio del soggetto è il discorso dell’Altro.
-L’inconscio è quella parte del discorso concreto in quanto transindividuale, che difetta alla disposizione del soggetto per ristabilire la continuità del suo discorso cosciente.
Si notano in queste due definizioni la centralità del linguaggio e della parola nella sua distinzione tra parola vuota o piena. Ed è a partire da questa premessa che arrivo alla definizione di:
-SIMBOLICO: che è il registro del linguaggio, il campo del simbolico è quello dell’Altro inteso come luogo del linguaggio e della cultura, diverso dall’altro speculare che è invece di pertinenza
– dell’IMMAGINARIO che è il registro delle identificazioni e del narcisismo, dell’io (moi) e delle relazioni intersoggettive; a questo livello il soggetto assume come propria immagine l’altro speculare così come viene descritto da Lacan nella fase dello specchio.
– IL REALE si definisce come dimensione dell’impossibile essendo ciò che resiste sia alla cattura immaginaria che alla presa del simbolico e del linguaggio. Del Reale non vi è padronanza. Espulso dalla realtà torna sempre nello stesso punto.
Questa è la triade con la quale Lacan tenterà di organizzare l’esperienza dell’essere umano.
REALE
Il reale è tutto ciò che resiste al simbolico. Il reale non è la realtà che consiste nel discorso che propone un modo di vedere il mondo a quelli che vi partecipano. Lacan ha sostituito quello che Freud definiva come realtà psichica, un registro più complesso che egli concepisce. Ad un certo punto in un suo seminario dirà Lacan: “Io ho buttato sotto il piede di Freud una buccia di banana”.
Ne La Terza si trova una definizione che fa eco alla pratica clinica, il reale: «è quel che non va, quel che si mette di traverso su questa carreggiata, e più ancora qualcosa che non cessa di ripetersi per intralciare il cammino».[1]
- Il reale è l’impossibile;
- Il reale torna sempre allo stesso posto
- Il reale è il fallimento del linguaggio
Il reale ritorna sempre allo stesso posto. Esso sembra mettere insieme i due lembi storicamente rescissi del pensiero occidentale: il divenire di Eraclito e l’essere eterno di Parmenide. Quando gli antichi greci esprimevano questi due concetti antitetici, tentavano di descrivere l’Indescrivibile che è il reale. Noi speriamo ci inganniamo nel pensare che il reale, il non- senso non esiste, invece esiste e fa male. Il reale non si caratterizza solo per il carattere estraneo e remoto, ma per manifestarsi come incontro e come evento. Il reale non è ma accade e dura il tempo di un istante. In tale prospettiva si fa largo in Lacan il concetto di godimento. Mentre Freud aveva soprattutto accentuato l’aspetto energetico della vita psichica con concetti come: libido, pulsione, scarica pulsionale, Lacan pone al centro del suo ultimo insegnamento il godimento. Esso ha una doppia faccia: si può iniziare dal gradevole piacere di una piuma mentre sfiora la pelle – dice Lacan – per finire subito dopo con l’essere letteralmente bruciati vivi. Il godimento è quello del sintomo: un sommo piacere così intenso da essere indicibile e un dolore acuto altrettanto indescrivibile. Il sintomo comporta un godimento mortifero di cui il soggetto non riesce a fare a meno: nella sua ripetizione si tratta di un godimento che è tale per l’apparato inconscio ma non per la persona. Il sinthomo (antica grafia del termine, anche in italiano) comporta invece che il corpo “si” gode nella ripetizione, la quale non comporta sofferenza per la persona, la quale, al contrario, ci trova spunto di creazione e d’invenzione.
Possiamo dire che c’è godimento sessuale, ma è raro che il godimento sessuale stabilisca un rapporto. L’essere parlante si differenzia in questo: se c’è qualcosa che sfugge è questo rapporto fondamentale che ci sarebbe da qualche parte, esistente, fondamentale, e che sarebbe nominabile e definirebbe il rapporto sessuale. Anche se c’è, l’atto sessuale non arriva mai a cogliere il rapporto sessuale: ognuno, se gode, gode solo dalla sua parte. Il godimento dell’Uno non gode del godimento dell’Altro, inteso qui come l’Altro sesso. Uomo e una donna arrivano a fare “uno” solo fantasmaticamente o nei detti d’amore. Il godimento sessuale non conviene al rapporto sessuale poiché il corpo “si” gode come un Uno senza l’Altro, in modo autoerotico. Lacan definisce questa disgiunzione con l’aforisma: non c’è rapporto sessuale.
Il godimento sessuale fa a meno dell’altro, non è rapporto con l’altro ed è sempre in certo qual modo sadico, ovvero fa uso di ciò di cui gode, del corpo, e non solo, dell’altro; il godimento è in un certo senso unitivo. Non accettare che non c’è rapporto sessuale è come sostenere – con Freud – che ci sia un sentimento di qualcosa di illimitato, di sconfinato, per così dire “oceanico”. […]
C’è una congiunzione di significante e godimento che Lacan chiama “reale”, che è quel reale che si racconta in analisi: si tratta dell’effetto degli incontri contingenti tra il significante e il godimento. Incontri che però, una volta avvenuti, diventano necessari, anche se impossibili da sopportare. Così come lo è il trauma in ogni destino soggettivo. E’ questo “reale” che viene portato in analisi. Tutto ciò porta a uno spostamento rispetto al punto di applicazione della pratica analitica. Infatti nel primo Lacan la pratica clinica si basa sulla mancanza-a-essere e sul desiderio di essere. In questo contesto l’interpretazione analitica tende a riconoscere il desiderio del soggetto che è sottointeso e a portarlo alla luce. Ogni volta che si interpreta, un sogno per esempio, si interpreta nel regime dell’interpretazione di riconoscimento. Dirò che questa modalità rimane di grande efficacia soprattutto negli adolescenti. Nel corso dell’insegnamento lacaniano, l’interpretazione non sarà più centrata sul riconoscimento del desiderio, ma sulla causa del desiderio, che, come ho detto, prende forma nell’oggetto a. Ossia l’asse è spostato dal desiderio, il quale viene dall’Altro, al godimento, il quale è, sempre, dal lato della Cosa, in diretto contatto con il corpo pulsionale.
C’è una congiunzione/disgiunione tra l’inconscio (che parla) e l’ Es (che è muto), ossia tra il desiderio e la pulsione. La disgiunzione è sottolineata dal fatto che il desiderio è sempre collegato con il desiderio dell’Altro, mentre la pulsione rimane sempre ancorata al corpo proprio: è il godimento dell’Uno. Parallelamente, Lacan sostituisce i due termini inconscio (ossia il versante significante) e Es (ossia il versante godimento) con il termine “parlessere”. Il godimento è quindi collegato al corpo, ma quello che Lacan chiama “corpo” è l’incarnazione dell’Es freudiano. Non è il corpo che gode, poiché si tratta del corpo che “si” gode: ossia non è il corpo che gode del rapporto sessuale, non è l’organo che gode di sé, ma è il corpo che gode di se stesso. D’altro canto il linguaggio stesso non è più valido per comunicare o equivocare (come è tipico del linguaggio umano), poiché c’è un linguaggio che ha effetti di godimento sul corpo, un linguaggio cioè che serve a godere, e che egli chiama “lalingua”. Ma che cosa è dunque lalangue?
Intanto possiamo dire che ciò che distingue lalangue dalle lingue, così come Lacan lo dice in Televisione, è che lalangue non ha significato, non punta al senso, non produce senso. Lalangue a differenza della lingua non risponde a nessun significato convenzionale, così come invece succede per la lingua. Lalangue non è riducibile al simbolico, è impregnata di godimento o meglio lalangue di quel soggetto lì produce degli effetti sul modo specifico e singolare del soggetto. Inoltre si gioca un paradosso, lalingua dice della parola univoca così come è stata ricevuta, i detriti che si trattengono e con cui bisogna fare i conti, come dicevamo prima, ma allo stesso tempo apre all’equivoco e infatti Lacan in questa conferenza non mancherà di farci degli esempi dove è una questione di assonanza fonetica, ma non distingue il senso della parola.
Fin dall’inizio la psicoanalisi ha considerato il godimento sotto forma negativa: che sia il godimento incestuoso interdetto, che sia l’accettazione della castrazione per poter accedere al desiderio, che sia l’impossibile che condensa il “non c’è rapporto sessuale”, che sia il fatto che il godimento è collegato con la pulsione di morte e che si presenta nelle varie patologie psicotiche, siamo sempre nel registro del godimento negativo. Eppure si impone anche un godimento positivo, sia quello ipotetico che sarebbe prima dell’interdetto, sia quello che si elabora nel giro della pulsione. Già Freud l’aveva reperito nel godimento della sublimazione, poi sarà reperito negli oggetti a, sebbene l’eccesso che ogni plusgodere richiama punta al di là del principio di piacere per arrivare a volte fino al dolore o a rivelarsi in un vero e proprio godimento mortifero.
Tuttavia il passaggio fondamentale da godimento negativo a godimento positivo si sviluppa su tre piani. Il primo piano concerne il fatto che il godimento primario sarebbe dell’ordine del positivo. Possiamo ipotizzare, Lacan lo dice più volte, che sia lo statuto del corpo vivente il poter godere di sé: ogni corpo vivente sarebbe autogodente. I problemi sorgono però con l’iscrizione del corpo vivente nel linguaggio: qui la libido non è più diretta in modo univoco dall’istinto, ma, nella pulsione, trova più possibilità di soluzione, e sorgono quei problemi che si condensano nei sintomi che rivelano le difficoltà che l’umano ha a livello delle cose dell’amore e del lavoro.
[1] Lacan J., La Terza in “La psicoanalisi” n°12, Astrolabio, Roma,1993 pag. 17.
0 Comments