LE GEOMETRIE DEL DESIDERIO. IL DESIDERIO DELL’ALTRO E IL DESIDERIO DELL’ANALISTA
- Posted by Eva Orlando
- On 22 giugno 2020
- Desiderio, Desiderio dell'Altro, Desiderio dell'analista, Freud, Lacan, Psicoanalisi
Il Desiderio non è una cosa semplice e con Lacan possiamo dire che esso va preso alla lettera. Da allucinatorio e rimosso in Freud, il desiderio per Lacan è il desiderio dell’Altro.
La psicoanalisi nasce a partire da un desiderio, di sicuro un desiderio inedito, quale è stato quello di Freud. Dal versante dell’analizzante il desiderio è ciò che mette al lavoro il soggetto, desiderio in quanto possibilità, ad esempio provare a metterlo in parola. Ed ancora, dalla parte dell’analista, il desiderio dell’analista è il dispositivo che rende possibile una psicoanalisi.
In questo lavoro mi prefiggo di delineare il desiderio in Lacan e tenterò di farlo esplicitando il passaggio nell’insegnamento di Lacan dal desiderio dell’Altro al desiderio dell’analista. Desideri che seppur non equivalenti non sono slegati nella direzione della cura.
Il termine Desiderio occorre con maggiore frequenza nel primo Lacan – quello strutturalista e del grande A – ma non è corretto pensare ad un abbandono di questa nozione negli anni successivi. Anzi, direi, piuttosto, che questo termine abbraccia l’intera riflessione lacaniana. È risaputo che l’ultimo Lacan utilizzi maggiormente nozioni quali l’oggetto a, il godimento, il reale che non il desiderio, ma la presenza del concetto di desiderio in Lacan è talmente rilevante da costituirne il punto d’appoggio dell’intero insegnamento.
Innanzitutto mi piacerebbe partire da cosa non è il desiderio.
Il desiderio non sono i desideri. Il desiderio non è volontà, non è bisogno, non è passione.
Il desiderio non è neanche l’amore sebbene esso si definisca non senza ignorare l’amore nel suo rapporto con l’ordine linguistico della domanda d’amore.
Detto ciò è corretto affermare che è un significante?
Ricordiamo la definizione che dà Lacan del significante: “Il significante è ciò che rappresenta il soggetto per un altro significante”. Negli Scritti, precisamente in “Sovversione del soggetto e dialettica del desiderio nell’inconscio freudiano”, Lacan scrive che niente è rappresentato se non per. E cioè il significante che rappresenta il soggetto è il significante per, pour il quale tutti gli altri significanti rappresentano il soggetto. Ma il desiderio non è un significante poiché è inafferrabile, opaco, intermittente così come lo è l’inconscio.
Dunque, il desiderio cosa rappresenta per il soggetto? Per mezzo del desiderio cosa si anima nel soggetto?
Lacan riprende la tesi del desiderio dal commento di Kojéve alla Fenomenologia dello Spirito di Hegel la cui lezione è così semplificabile: l’uomo, nel suo esistere come essere umano è l’effetto del desiderio di un desiderio; tesi tuttavia integrata con la lezione freudiana del soggetto dell’inconscio, vale a dire che solo l’Altro in posizione desiderante nell’attrarre a sé (o se volete se-durre, per usare un lessico freudiano) un essere vivente ne fa un essere parlante. Lo statuto del desiderio è il desiderio dell’Altro, cioè il desiderio è desiderio di un altro desiderio. Ma il desiderio non è riconoscimento, quanto piuttosto, inquietudine. Il desiderio umano è l’inquietudine di un vuoto che anela a riempirsi senza però mai raggiungere questo riempimento. Il desiderio è un vuoto che non può essere saturato da un oggetto, ma nemmeno da un desiderio perché esso spinge verso un altro desiderio. Al punto che ad ogni desiderio soddisfatto, seguirà puntualmente un rilancio verso un altro, un nuovo desiderio, un desiderare ancora. Per questa ragione il desiderio dell’uomo è il desiderio di essere desiderio dell’Altro.
Tentare di interpretare questa tautologia, appunto il desiderio è il desiderio dell’Altro, significa provare a capire o leggere la preposizione articolata “dell’” sia in senso soggettivo che in senso oggettivo. Nella direzione soggettiva l’uomo desidera in quanto Altro. Nella direzione oggettiva, l’uomo desidera ciò che desidera l’Altro (come esempio basti pensare alle promesse della pubblicità, o anche al desiderio dei bambini). Questo giochino grammaticale trova la sua manifestazione sotto forma di interrogativo, la domanda del soggetto all’Altro: il Che vuoi? Che compare nel grafo del desiderio nella parte superiore ritorna al soggetto sotto forma di messaggio invertito. Per mezzo del Che vuoi rivolto all’Altro, il soggetto apre la strada al proprio desiderio. Ma il desiderio non è mai desiderio di un oggetto particolare, anzi il desiderio non è il bisogno, non è la domanda e neanche l’oggetto della domanda. In tal senso, si intende che il desiderio non è articolabile, non è afferrabile, ci sfugge continuamente nella sua dimensione di desiderio dell’Altro. Il desiderio nasce da una mancanza, da un vuoto non riducibile alla domanda o al bisogno. Il desiderio trova la sua forma come desiderio dell’Altro, ma in un primo tempo ciò avviene solo in un’opacità soggettiva in cui è rappresentato il bisogno. Opacità che afferma Lacan costituisce in un certo senso la sostanza del desiderio. In “Sovversione del soggetto e dialettica del desiderio nell’inconscio freudiano”, Lacan scrive che: “Il desiderio si abbozza nel margine in cui la domanda si strappa dal bisogno: margine che la domanda, il cui appello può essere incondizionato solo nei riguardi dell’Altro, apre sotto forma del possibile difetto che il bisogno le può apportare per il fatto di non avere soddisfazione universale. Margine per quanto lineare sia, lascia apparire la sua vertigine purché non sia coperto dal calpestio d’elefante del capriccio dell’Altro” (Lacan, 1960, p. 816).
Dunque, il desiderio nasce dallo scarto tra il bisogno e la domanda. Non è il bisogno perché il bisogno mira ad un oggetto specifico e si soddisfa con esso; ma soprattutto non è riducibile al bisogno poiché il desiderio ha a che fare con un oggetto, nella misura in cui è l’oggetto del fantasma. Per quanto riguarda il suo rapporto con la domanda, il desiderio non si estingue nella domanda che è essenzialmente domanda d’amore. È per questa serie di ragioni che nel Seminario V, Le formazioni dell’inconscio, Lacan dirà che: “L’oggetto del desiderio è in effetti l’oggetto del desiderio dell’Altro, e il desiderio è sempre desiderio di Altra cosa, soprattutto di ciò che manca, di a, quell’oggetto primordialmente perduto che Freud ci mostra come oggetto sempre da ritrovare” (Lacan, 1957, p.9).
Dunque, vuoto e mancanza delimitano il bordo del desiderio. Ma possiamo precisare il tipo di mancanza qui messo in gioco. Per la prima volta nel Seminario IX L’identificazione Lacan definisce l’angoscia come “la sensazione del desiderio dell’Altro”. Perché proprio una sensazione? Ebbene, esiste un rapporto reciproco tra il desiderio e l’angoscia. Lacan afferma: “Il desiderio esiste, è costituito, passeggia per il mondo e combina i suoi disastri (…) non è escluso che voi lo incontriate in quanto tale, il desiderio dell’Altro; è a questo punto che nasce l’angoscia”.
C’ è un impossibile in gioco, ma di cosa si tratta?
Come reperire questo impossibile? Nell’ultimo capitolo del Seminario VI Il desiderio e la sua interpretazione Lacan pone una domanda: “Il desiderio è o non è soggettività? Questa domanda ha atteso l’analisi per essere formulata. È lì da sempre, sin dall’origine di ciò che possiamo chiamare l’esperienza morale. Il desiderio è al tempo stesso soggettività – ciò che sta al centro della nostra soggettività, ciò che più essenzialmente è soggetto – e al tempo stesso è il contrario, opponendosi alla soggettività come una resistenza, come un paradosso, come un nucleo rigettato, ripudiabile” (Lacan,1958, pag.522).
Se il desiderio è soggettività, si intende che è la cosa più essenziale del soggetto, effetto del linguaggio come costitutivo della realtà dell’essere parlante. Ma, in ogni caso, si oppone anche alla soggettività a partire dalla sua dimensione d’oggetto a. Sappiamo che nel Seminario sul desiderio Lacan preferisce Spinoza, il desiderio è l’essenza dell’uomo, ad Aristotele, che esilia il desiderio dal campo dell’uomo per posizionarlo entro i limiti della bestialità.
Nell’insegnamento di Lacan, il concetto di desiderio non occupa il posto dell’interpretazione filosofica, ma passa da questione filosofica a chiaro elemento utile ad orientarci nella direzione della cura. Nella prospettiva lacaniana, il desiderio è indissolubilmente legato al godimento e al fantasma. Centrale è il posto che occupa il fantasma nell’orizzonte del desiderio. Al punto che la struttura del fantasma è fatta proprio per sostenere il desiderio. Lacan scrive il fantasma con la formula: $ D a. L’unica cosa capace di rispondere alla domanda del desiderio: è il fantasma.
Ma attenzione, il fantasma stesso non è l’oggetto del desiderio. Il fantasma sostiene il desiderio, sostiene il vettore. Ed allora come possiamo rintracciare il desiderio nelle tre strutture cliniche?
Abbiamo detto che il fantasma assolve una funzione di sostegno di causa del desiderio: insoddisfatto (nell’isteria), impossibile (nell’ossessivo), prevenuto (nella fobia).
In generale il nevrotico dà una prevalenza alla domanda; domanda prodotta incessantemente e ripetutamente per nascondere la sua angoscia col desiderio dell’Altro. Un desiderio che si stabilisce come eternamente insoddisfatto nell’isterico ed impossibile nell’ossessivo. Entrambi, isterico ed ossessivo, identificano la mancanza dell’Altro con la sua domanda. A differenza del nevrotico, il perverso non identifica la mancanza dell’altro con la sua domanda. Il perverso immagina di essere l’altro per assicurare il proprio godimento, seguendo la celebre definizione secondo la quale il perverso si fa strumento del godimento dell’Altro. E dunque, sia il nevrotico che il perverso – eccezion fatta per lo psicotico – si difendono a loro modo dal proprio desiderio. Perché afferma Lacan, il desiderio è una difesa, difesa non dall’inconscio o dal rimosso come per Freud, ma dall’oltrepassare un limite nel godimento. Completamente diverso è il rapporto dello psicotico con il proprio desiderio e con la mancanza dell’Altro che non può aver luogo. Lo psicotico è alienato ai significanti del grande A ed è soggetto al godimento dell’Altro. Altro modo di affermare che l’inconscio dello psicotico è a cielo aperto.
Detto questo, ciò che appare evidente è che il Desiderio in Lacan non è qualcosa di fisso, statico, inamovibile ed è per questa ragione che utilizzo le parole di Réné Girard del suo libro, “Le geometrie del desiderio”, il quale scrive che il percorso del desiderio non è affatto rettilineo: imbocca tangenti, disegna triangoli, si avvita in circoli viziosi. Il desiderio in Lacan si scrive come una geometria.
A partire dai Seminari VII, L’etica della psicoanalisi ed il Seminario VIII, Il transfert, Lacan affronterà la questione del desiderio dalla parte dell’analista, dal versante dell’analista, non tralasciando ovviamente il desiderio che spinge l’analizzante ad iniziare un’analisi.
Il desiderio dell’analista non è interamente riducibile al desiderio dell’Altro per una serie di ragioni che si articolano essenzialmente sia sul versante tecnico che sul versante etico.
Dal punto di vista tecnico, il desiderio dell’analista non equivale e non si sostituisce al controtransfert psicodinamico. Anzi, merito indiscusso di Lacan è stato quello di segnare un passaggio dal controtransfert al desiderio dell’analista. Il controtransfert in particolare nelle elaborazioni dei post-freudiani assegna un valore fondamentale al piano dell’inter-soggettività che per Lacan è sempre ingannevole e fuorviante.
Per Lacan il controtransfert indica la partecipazione dell’analista alle peripezie del discorso che l’analizzante tiene nel setting, ma la psicoanalisi non si fonda su ciò che dice in analisi un sofferente, la psicoanalisi si fonda sul discorso dell’analista. Al punto che negli Scritti Lacan afferma che il desiderio dell’analista è ciò che in ultima istanza opera nella psicanalisi (Lacan, 1964, p.858). È pur vero che Lacan ci mette in guardia sul fatto che gli analisti ci sono perché ci sono gli analizzanti, ma è per suggerirci che lo psicoanalista, al pari del sogno, dei lapsus e dei sintomi è una produzione dell’inconscio, nel senso che è implicato nel desiderio del soggetto richiedente l’analisi, appunto il desiderio dell’analista in senso oggettivo. E questo è solo un versante del desiderio dell’analista. Nondimeno, in quanto produzione dell’inconscio l’analista si distingue dalle altre produzioni per una caratteristica precipua: è l’unica formazione dell’inconscio alla quale il soggetto accredita un sapere di cui è in debito. È questo credito/debito che Lacan chiama soggetto supposto sapere che è il rovescio del desiderio dell’analista, nel senso che come quello è a carico dell’analizzante questo è a carico dell’analista, il quale di un sapere è pur dotato. L’analista sa che il soggetto supposto sapere e il desiderio dell’analista sono il recto e il verso di una stessa medaglia, la medaglia del transfert.
Lacan è netto nell’affermare che il transfert si stabilisce solo partendo dal soggetto supposto sapere. Dunque, transfert e desiderio dell’analista sono le coordinate della psicoanalisi. Coordinate che rendono possibile che ci sia una psicoanalisi e non qualsiasi altra pratica fondata sulla parola.
Tutto ciò significa questo: l’analista deve sapere che ciò che gli si domanda dal lato del soggetto supposto sapere va diretto, e dunque deve rispondere, dal lato del desiderio dell’analista. Ed è questa la direzione della cura che è in sostanza la differenza tra il fornire un’interpretazione e compiere un atto. E con ciò stesso ci siamo portati sul versante etico.
Dal punto di vista etico, il desiderio dell’analista non è il desiderio dell’Altro perché “agire secondo il proprio desiderio” – come ci insegna Lacan e l’analisi lacaniana – non significa sostituirsi al desiderio dell’analizzante. L’analista non interpreta il desiderio del suo analizzante, sebbene se ne faccia carico. L’analista non ostenta il suo sapere che resta sotto la barra, il suo sapere resta un sapere non saputo più vicino a quello che Lacan chiamerà un “discorso senza parole”. Questo implica che non si desidera qualcosa per il proprio paziente. Lacan parla di involucro per riferirsi all’analista, un involucro che sarà destinato a svelarsi come vuoto, se l’analista lo apre all’amore o all’odio dell’analizzante. Centrare quel che ne è di quel che sceglie di sapere, ed in questa scelta il non sapere è centrale. L’atto etico è quello che non perde la bussola, quello ben orientato, quello che punta sempre a qualcosa che non finisce nel pietrificarsi nel fantasma.
Tutto questo è ciò che ha fatto dire a Lacan nel Seminario XI, I quattro concetti fondamentali della psicoanalisi, che “il desiderio dell’analista non è un desiderio puro. È un desiderio di ottenere la differenza assoluta, quella che interviene quando, confrontato col significante primordiale, il soggetto giunge per la prima volta in posizione di assoggettarglisi” (Lacan, 1964, p. 280).
Nello stesso seminario, in qualche pagina precedente, Lacan afferma: “Dato che l’analista è supposto sapere, è anche supposto andare incontro al desiderio inconscio. Il desiderio è l’asse, il perno, il manico, il martello grazie a cui si applica l’elemento forza, l’inerzia, che c’è dietro a ciò che si formula all’inizio, nel discorso del paziente, come domanda, cioè il transfert. L’asse, il punto comune di questa doppia ascia, è il desiderio dell’analista, che indico qui come una funzione essenziale. E non mi si dica che, questo desiderio, io non lo nomino poiché è precisamente questo punto che è articolabile solo nel rapporto tra desiderio e desiderio. Questo rapporto è interno. Il desiderio dell’uomo è il desiderio dell’altro” (Lacan, 1964, 230-231).
L’analista non può sottrarsi alla condizione di oggetto del desiderio. Difatti, l’analizzante è assoggettato al desiderio dell’analista e “dietro al cosiddetto amore di transfert c’è l’affermazione del legame del desiderio dell’analista con il desiderio del paziente” (Lacan, 1964, 258) nel luogo dell’Altro. Volendo rendersi amabile, l’analizzante presentifica l’analista nel luogo dell’Altro come Ideale dell’Io. Il silenzio dell’analista in quel punto fa emergere la dimensione della mancanza: quella dell’oggetto mancante del desiderio, ciò che manca al soggetto e con cui ama l’altro, che è pronto a dare all’altro, ma anche quello della mancanza dell’Altro che il soggetto cerca di colmare mediante l’oggetto del suo desiderio, con la sua domanda. La funzione nodale del transfert è quella di supplire al problema del legame del desiderio del soggetto con il desiderio dell’Altro. In tal senso, Alcibiade vuole rendersi amabile nei confronti di Socrate per rapirgli il suo desiderio. E il desiderio abbiamo già detto è sempre una mancanza.
Il posto dell’analista nell’analisi è quello dell’oggetto a. L’analista deve farsi oggetto a, causa di desiderio dell’analizzante e saper essere scarto, rifiuto dell’umanità. Il desiderio dell’analista punta al reale che causa il desiderio dell’analizzante, e lavora a produrre nel soggetto la “differenza assoluta” che separa l’ideale (I) dall’oggetto a, confusi nel suo fantasma. La funzione del desiderio dell’analista non si lascia riassorbire solo nel registro del simbolico. L’introduzione della nozione di desiderio dell’analista accompagna la ridefinizione della funzione dell’analista nella cura, che non sarà più riducibile per Lacan a rappresentante dell’Altro ma si configurerà al tempo stesso come simulacro dell’oggetto a causa di desiderio, in una progressione che vedrà sempre più prevalere questa seconda definizione alla prima.
Questo passaggio ha comportato per Lacan un significativo confronto con il desiderio di Freud, assunto per alcuni anni da Lacan come sinonimo di desiderio dell’analista. Non a caso, La direzione della cura si conclude proprio con un celebre elogio del desiderio di Freud.
Ne I problemi cruciali della psicoanalisi, Lacan afferma che l’analisi è il luogo in cui si verifica, in un modo radicale perché essa ne mostra la sovrapposizione stretta, che il desiderio è il desiderio dell’altro. Non perché al paziente venga dettato il desiderio dell’analista, ma perché l’analista si fa desiderio del paziente”. Infatti, un’analisi non termina necessariamente con la formazione di un’analista, cioè l’analizzante non assorbe completamente il desiderio dell’analista trasformato in desiderio dell’altro, eppure si continua a psicoanalizzare perché il desiderio dell’analista continua ad essere vivo. Secondo la mia lettura mantenere vivo il proprio desiderio equivale al monito lacaniano di “non cedere sul proprio desiderio”. É questa la lezione che traggo da questo sorprendente insegnamento di Lacan, tratto da Seminario VII, L’etica della psicoanalisi: “Ciò che l’analista ha da dare, contrariamente al partner dell’amore è ciò che egli ha. E ciò che egli ha, non è nient’altro che il suo desiderio, come l’analizzato, a parte il fatto che è un desiderio avveduto. L’analista non può desiderare l’impossibile” (Lacan, 1960, p. 377).
Un “non cedere” che possiamo agganciare ad ogni aspetto della nostra vita, perfino al destino della formazione degli analisti. Un “non cedere” che sfida i nostri tempi e la nostra civiltà. Non cedere sul proprio desiderio per nono far scomparire il soggetto…può essere una risposta contro il disagio della civiltà.
BIBLIOGRAFIA
LACAN J., (1958) “La direzione della cura e i principi del suo potere” in Scritti Vol. II (pag.580-642), Einaudi, Torino, 1974.
LACAN J., (1960) “Sovversione del soggetto e dialettica del desiderio nell’inconscio freudiano” in Scritti Vol. II (pag.795-831), Einaudi, Torino, 1974.
LACAN J., (1957-1958), Il Seminario libro V Le formazioni dell’inconscio, Einaudi, Torino, 2004.
LACAN J., (1958-1959), Il Seminario libro VI Il desiderio e la sua interpretazione, Einaudi, Torino, 2016.
LACAN J., (1959-1960), Il Seminario libro VII L’etica della psicoanalisi, Einaudi, Torino, 1994.
LACAN J., (19560-1961), Il Seminario libro VIII Il Transfert, Einaudi, Torino, 2008.
LACAN J., (1961-1962), Il Seminario libro IX L’identificazione, inedito.
LACAN J., (1964), Il Seminario libro XI I quattro concetti fondamentali della psicoanalisi, Einaudi, Torino, 1979.
LACAN J., (1964-1965), Il Seminario libro XII I Problemi cruciali della psicoanalisi, inedito.
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